L’amore è una realtà meravigliosa,

è l’unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo!

(Benedetto XVI)



martedì 2 settembre 2014

1. COS’E’ L’AMORE ?

Amore, parola dolce, ma realtà ancora più dolce (…)
non c’è cosa migliore che parlare di tale argomento
(S. Agostino)

L’amore è una forza interiore che ci spinge verso gli altri, che ci fa uscire dal nostro guscio. E’ insieme un sentimento, un istinto che possiamo e dobbiamo guidare con la volontà e la ragione, che ci fa sentire un’altra persona importante, attraente, ci fa desiderare di averla vicina, di essere in relazione con lei, di desiderare il suo bene.
Il bambino piccolo impara ad amare quando scopre di poter contraccambiare l’amore ricevuto[1]: sorride ai propri cari, esprime affetto con abbracci, carezze e baci. Dona qualcosa di suo, un disegno, un parola di affetto. Non ha solo bisogno di queste persone, del loro amore, ma sente il bisogno di amarle.
Per la maggior parte dei bambini prima dell'età degli otto-dieci anni, il problema è quasi esclusivamente quello di essere amati per quello che sono. Il bambino di quest'età non ama ancora; risponde con gratitudine, con gioia all'amore. A questo punto dello sviluppo del bambino, subentra un nuovo elemento nel quadro: il desiderio di produrre amore mediante la propria attività. Per la prima volta il bambino crede di dare qualcosa alla madre (o al padre), di produrre qualcosa - una poesia, un disegno, o qualunque cosa sia. Per la prima volta nella vita del bambino l'idea dell'amore è spostata dall'essere amato in amare, in amore creativo. Devono passare molti anni, da questo inizio, per raggiungere la maturità dell'amore. È così che il bambino, che ora è adolescente, ha vinto il suo egocentrismo; l'altra persona non è più solo un mezzo per soddisfare i suoi bisogni. I bisogni dell'altra persona sono importanti quanto i suoi, in realtà sono diventati più importanti. Dare è diventato più soddisfacente, più bello, che ricevere; amare più importante che essere amato. Amando è uscito dalla cella della solitudine e dell'isolamento, costituita dallo stato di narcisismo ed egocentrismo, prova un nuovo senso di fusione, dì solidarietà. Oltre a ciò, sente la potenza di produrre amore amando - piuttosto che la subordinazione di ricevere essendo amato - e per la ragione di essere piccolo, indifeso, malato, o "bravo". L'amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L'amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L'amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L'amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo[2].
Anche la madre deve fare questo percorso di maturazione: amare il bambino finché è piccolo e completamente legato a lei è cosa che appartiene alla natura e che può corrispondere al bisogno narcisistico della madre che vede nel suo piccolo una sua creatura, qualcuno che dipende totalmente da lei.
Ma il bambino deve crescere. Deve emergere dal grembo materno; diventare un essere completamente indipendente. La vera essenza dell'amore materno è di curare la crescita del bambino, e ciò significa volere che il bambino si separi da lei. Qui sta la differenza con l'amore erotico. Nell'amore erotico, due persone distinte diventano una sola. Nell'amore materno, due persone che erano una sola, si separano. La madre deve non solo tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione del figlio. E’ solo a questo stadio che l'amore materno diventa un compito così difficile da richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non desiderare niente altro che la felicità dell'essere amato. E anche a questo stadio che molte madri falliscono nel loro compito. La narcisista, l'autoritaria, la tirannica può riuscire ad essere una madre "amorosa" finché il bambino è piccolo. Solo la donna veramente "amante", colei che è più felice di dare che di ricevere, può essere una madre amorosa durante il processo di separazione del bambino.
L'amore materno per il bambino che cresce, amore fine a se stesso, è forse la forma d'amore più difficile a raggiungersi, ed è anche la più ingannevole, a causa della facilità con cui una madre ama la propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere una madre veramente amorosa solo se può amare; se è capace di amare il proprio marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli esseri umani. La donna che è incapace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finché il bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e, anche dopo la separazione, la capacità di continuare ad amare[3].
Il bambino sperimenta presto anche la paura dell’abbandono, di non essere più amato, di non essere per i suoi cari l’unico amore, di dover condividere quell’amore con altre persone che sente come dei concorrenti. Col tempo sperimenterà tante contraddizioni legate all’amore: difficoltà, conflitti, incomprensioni, gelosie, tradimenti.
L’amore ferito, se non curato e sostenuto dalla volontà e dalla ragione, può deperire e morire. L’amore ferito ci espone al dolore, alle sofferenze, in casi estremi, purtroppo molto diffusi, alla violenza, al sopruso e a tante deviazioni e perversioni[4].
Sperimentiamo tutti le inadeguatezze nostre e altrui, le incapacità nostre e altrui di amare e di lasciarci amare. Dobbiamo fare i conti con paure e limiti che ci rendono (o ci lasciano) egoisti, gelosi, insofferenti e intolleranti. Per mendicare un po’ di amore, cioè per non sentirci soli, ci si può prostituire, “svendendo” il proprio corpo o la propria volontà e dignità alle esigenze dell’altro pur di tenerlo vicino, per non farlo scappare. Si può estorcere il consenso dell’altro, ma anche in questo caso rimane la violenza psicologica che deforma l’amore in un atto criminale o comunque perverso.
Per “amore” si arriva, massima perversione dell’amore, ad uccidere e, fino a pochi decenni fa, la gelosia era considerata un’attenuante nei casi di omicidio. Oggi si usano neologismi per indicare dei crimini odiosi legati in modo perverso all’amore, come lo stalking[5], e il femminicidio[6]. In Europa le statistiche parlano di dodici donne uccise ogni giorno[7].



[1]Dal punto di vista psicologico ogni amore è inizialmente amore per i genitori, e precisamente un amore di dipendenza (…). Grazie a loro arriva ad assumere i primi atteggiamenti e comportamenti fondamentali nei confronti di se stesso. Più tardi, nel corso della vita, egli cercherà di adottare tali atteggiamenti anche verso altre creature umane e, a seconda della buona o cattiva riuscita, li consoliderà o li cambierà; sempre perciò le relazioni con le altre persone sono influenzate in maniera decisiva anche dalle prime esperienze fatte col padre e con la madre”. (E. Drewermann, Psicoanalisi e teologia morale, p.187).
[2] E. Fromm, L’arte di amare, p.61-62.
[3] Idem, p.74-75. Cf anche O. Poli, Mamme che amano troppo, ed. paoline, 2011. Il noto psicoterapeuta ritiene che sia possibile e nocivo amare troppo un figlio. Un eccesso di attenzioni e protezioni producono figli “tiranni” o “bamboccioni”, insicuri o disadattati. Il testo individua i “virus” psicologici e relazionali che spingono un genitore ad “amare troppo”, cercando compensazioni alle proprie paure come quella di non essere adeguati, di dedicare poco tempo ai figli (considerando che sempre più spesso entrambi i genitori lavorano a tempo pieno o sono separati), di non essere buoni con loro. Di conseguenza si fa di tutto e di più per accontentare i figli, persino quello che si considera sbagliato o eccessivo. Si ha paura di dire no alle loro richieste e  si cade vittime del senso di colpa che i figli sanno manovrare al meglio.
[4] La perversione è spesso associata al concetto di “filia”, termine che in questo caso indica una attrazione morbosa e nociva come la pedofilia (l’attrazione verso i bambini), la zoofilia (l’attrazione verso gli animali) o la necrofilia (l’attrazione verso i defunti). Sono sempre più diffuse nella nostra società anche delle tendenze patologiche che ricercano l’eccitazione sessuale attraverso pratiche legate al dolore proprio (masochismo) o altrui (sadismo) o al piacere legato a particolari oggetti (feticismo), al vedere (voyerismo e pornodipendenze) o al farsi vedere (esibizionismo), all’ascolto (turpiloquio o telefonate oscene), a funzioni corporee fisiologiche (urina e feci)…
[5] Il termine inglese stalking, indica un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene o indesiderate. Include, spesso, l'invio di lettere, biglietti, posta elettronica, SMS e oggetti non richiesti. 
[6] Altro termine di origine inglese (femicide) per indicare l’omicidio che ha come vittima una donna e causato dal rifiuto o dalla rottura di un rapporto affettivo da parte della donna.
[7] Il Consiglio d’Europa che monitora questo crimine riferisce che in Italia nel 2013 sono state 134 le vittime per femminicidio.

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