L’amore è una realtà meravigliosa,

è l’unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo!

(Benedetto XVI)



giovedì 6 ottobre 2016

LE REGOLE DELL'AMORE. 3- Ci sono regole nell'amore?

C’è chi dice no!
L’amore si oppone a regole, limiti e divieti? Esso è possibile sono in assenza di tutto questo? Tanti detti sembrano confermarlo: “love is love” (l’amore giustifica ogni tipo di amore); “ama e fa ciò che vuoi”; “all’amor non si comanda”; “va’ dove ti porta il cuore”; “il cuore ha ragioni che la ragione stessa non può capire”… Sono solo alcuni dei celebri slogan, spesso mal compresi, che inneggiano all’amore “libero”, senza tabù, senza regole. Ma è proprio così? In amore è “vietato vietare” come si gridava nelle proteste del ’68?

Che ne pensate?
Una riflessione
Non è già una regola, comunemente accettata da tutti, che non si può amare andando contro il rifiuto dell’altro? Non si ritiene giusto rispettare la fedeltà promessa al partner e quindi sbagliata l’infedeltà? Non condividiamo tutti la condanna di chi tradisce l’amicizia provandoci con la ragazza dell’amico? Sono solo alcune delle regole “sociali” legate alla sfera affettiva e sessuale. A queste regole si aggiungono, spesso contrastate, sbeffeggiate e non rispettate, le regole morali indicate dalla chiesa nei confronti della sessualità: sono limiti (obsoleti) ad amare? La “volontà di Dio” e il messaggio cristiano sono volti a limitare l’essere umano nelle sue espressioni più coinvolgenti e belle? O vogliono piuttosto la sua libertà e la sua felicità?
I precetti e le norme morali tranquillizzano l’essere umano che ha paura dell’incertezza, ma soprattutto funzionano come le indicazioni stradali: se hai una meta, ti conviene seguirle per non andare fuori strada e ritrovarti dove non volevi andare. Sono argini che aiutano la nostra vita a defluire verso l’approdo, evitando che maree improvvise ci facciano uscire dall’argine creando danni incalcolabili. Le norme richiedono anche sanzioni o “punizioni” per gli eventuali trasgressori: la paura di incorrere in tali sanzioni rinforza la nostra volontà a rispettare tali regole. Un tempo era sufficiente la critica, l’ostilità fino al rifiuto da parte della società, della scuola e della famiglia per chi non rispettava le regole. Anche la chiesa aveva un ruolo importante e la minaccia di essere esclusi dalla salvezza e destinati ad una vita dannata nell’inferno aveva ampia efficacia. Oggi essa, al pari delle altre istituzioni, ha perso il suo potere: sembra una vecchia nonna che propone cose di altri tempi, incapace di adeguarsi al nuovo, di comprendere che il mondo è cambiato. Eppure di passi ne ha fatti tanti e ci ha restituito il volto autentico di Dio che non è il giudice implacabile e un po’ cinico che condanna i nostri errori, ma un padre e una madre che ci ama e non smette di amarci per il fatto che noi ci comportiamo male. D’altra parte la chiesa propone ancora preghiere tradizionali come “l’atto di dolore” che ci fa dire che a causa dei nostri peccati abbiamo offeso Dio e “abbiamo meritato” i suoi “castighi”. Certo, ci ricorda che è “infinitamente buono e degno di essere amato”, ma forse non così tanto se è pronto a castigarmi e si offende a causa delle mie fragilità. Castighi “educativi”, si obietterà, a fin di bene, ma poco coerenti con la testimonianza di Gesù su Dio. Non dimentichiamo inoltre che la nuova traduzione CEI della Bibbia del 2008 è passata dal “non ci indurre in tentazione” a favore di un “non abbandonarci alla tentazione”, perché – scrive san Giacomo nella sua lettera – “Dio non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono[1].
Un approfondimento(1): genesi e significato della frase “Ama e fa ciò che vuoi”
Ama e fa ciò che vuoi” è una delle frasi più citate di sant’Agostino[1]. L’autore sembra incitare alla libertà più ampia, al superamento di ogni tabù e regola. In realtà ciò che Agostino vuol dire è che se amiamo come Dio ci ha insegnato e comandato, se viviamo la “carità”, ovvero un amore gratuito, volto al bene dell’altro prima che al nostro, un amore oblativo, rispettoso dell’altro… allora possiamo fare qualunque cosa, vivere qualunque relazione senza temere di sbagliare o di cadere nelle passioni ingannatrici e in spinte egoistiche e mortifere.
Perciò, fratelli, esercitate la carità, dolce e salutare vincolo delle anime: senza di essa il ricco è povero; con essa il povero è ricco. Essa è paziente nella avversità, moderata nella prosperità. E` forte in mezzo alle dure sofferenze, piena di gioia nelle opere buone; nelle tentazioni sicurissima; nell'ospitalità larghissima; lietissima tra i veri fratelli; pazientissima con quelli falsi. (…) E` umana nei cristiani che si confessano, divina nel perdono che Cristo accorda. Ma che potrei mai dire di più o con maggior ricchezza di quanto ha detto il Signore, che intona una lode alla carità per bocca dell'Apostolo, il quale dimostra la superiorità, su tutte, di questa via?
Quanto è grande la carità! (…) Che cosa c'è di più magnanimo che dare la vita per i malvagi? Quale benevolenza maggiore che amare i nemici? Solo la carità fa sì che la felicità altrui non ti turbi, perché non è gelosa. Solo essa non si esalta per la prosperità, perché non si gonfia di superbia. In virtù di essa sola non vi è rodìo di cattiva coscienza, perché non agisce con ingiustizia. Essa va tranquilla fra gli insulti, è benefica fra gli odi. Di fronte al ribollire delle ire è placida, in mezzo a trame insidiose è innocente. E` afflitta nelle cattiverie, respira nella verità. Di fronte alle ingiurie che cosa vi è di più forte della carità? In quanto non ricambia le offese ma lascia correre. Che cosa vi è di più fedele della carità? Fedele non all'effimero ma all'eterno. Essa sopporta tutto nella presente vita, per la ragione che tutto crede sulla futura vita: sopporta tutte le cose che qui ci sono date da sopportare, perché spera tutto quello che le viene promesso là. Giustamente non ha mai fine. Perciò praticate la carità e portate, meditandola santamente, frutti di giustizia. E se troverete voi, a sua lode, altre cose che io non vi abbia detto ora, lo si veda nel vostro modo di vivere.
Un approfondimento (2): “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” (Pascal)
Sembrerebbe che Pascal voglia confermare tutta una serie di detti comuni: i sentimenti non possono essere governati dalla ragione; al cuore non si comanda; non si può razionalizzare l'attrazione che proviamo per qualcuno… Pascal in realtà parla delle "ragioni del cuore" nel senso di quella illuminazione divina che permette al cristiano di concepire la fede in Dio come un'esigenza profonda, viscerale, al di là di ogni tentativo di cogliere il divino attraverso la ragione - cosa che invece ritenevano, seppur con accenti ben diversi tra loro, altre menti illustri dell'epoca quali Cartesio e Spinoza. Pascal intende il cuore come la facoltà che permette di conoscere certe verità in modo intuitivo (“l’esprit de finesse”), a differenza della ragione che è la capacità di conoscere la verità in modo discorsivo (“l’esprit de geometrie”).
Per amare dobbiamo usare tutte le nostre facoltà e integrarle armoniosamente tra loro: istinti, emozioni, sentimenti, ragione. L’evidente squilibrio affettivo che incombe su tante persone ci ricorda la necessità di razionalizzare le manifestazioni affettive.



[1] Agostino la pronunciò in una delle sue dieci omelie a commento della Prima lettera di san Giovanni, quella in cui Dio viene definito come Amore. Scrive:
Ama e fa' ciò che vuoi;
se taci, taci per amore;
se correggi, correggi per amore;
se perdoni, perdona per amore;
abbi sempre in fondo al cuore la radice dell'amore;
da questa radice non possono che sorgere cose buone.
VEDI IL VIDEO: Sant'Agostino, Discorso sull'amore: www.youtube.com/watch?v=n9Z-88adQs4



[1] Gc 1,13-14

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